TABARCHINO: l’identità culturale delle isole di Sant’Antioco e San Pietro
In Sardegna il tratto di mare che separa l’isola di Sant’Antioco da quella di San Pietro nell’arcipelago del Sulcis, viene chiamato “il canale”, nella realtà però unisce e accomuna questi luoghi da una lingua madre che si parla solo qui, si tratta del “tabarchino”.
Il tabarchino nasce e si parla in queste isole perché furono l’approdo dei coloni genovesi provenienti da Tabarka, in Tunisia, questo avvenne trecento anni fa circa.
Queste persone, definite tabarchini erano migranti in fuga e in cerca di una nuova terra da poter chiamare casa, avevano vissuto sino ad ora per duecento anni nel regno dei Bey tunisini, assoldati da Genova Repubblica Marinara per la pesca del corallo lungo la costa tunisina.
A Tabarka avevano sempre parlato genovese, ma del luogo ne assorbirono la cultura locale, impararono a cucinare il couscous che in dialetto si trasformava in “cascà” e man mano si iniziava a forgiare una nuova lingua che non ha mai smesso di evolversi: il tabarchino tutt’ora è simile, ma non identico, al dialetto genovese.
Sino ad ora gli abitanti di Sant’Antioco e di San Pietro parlano il tabarchino dove è considerato lo strumento di comunicazione abituale e quasi per assurdo , tutti gli isolani ritengono che il dialetto sardo sia una lingua incomprensibile.
Questa abitudine non risparmia nessuno, anche in presenza di forestieri, la tentazione di parlare il tabarchino è sempre fortissima e viene spontanea.
La cosa strana che sino ad ora, non sia mai rimasta traccia significativa dei dialetti portati dalle persone che qui nel tempo decisero di stabilirsi, il tabarchino ha sempre vinto su tutti e su tutto.
Tutte le nuove culture che sono arrivate col tempo sono state inevitabilmente assorbite da quella tabarchina.
Oggi i carlofortini più attivi nella valorizzazione della lingua locale, hanno attivato uno sportello di volontariato linguistico per divulgare le norme di scrittura e di pronuncia, aiutati anche grazie all’intervento del professor Fiorenzo Toso, linguista dell’Università di Sassari.
Questa preziosa iniziativa serve fortunatamente a consolidare e soprattutto a tramandare sempre più questa bella e unica tradizione.
Quando si è in visita in questi luoghi meravigliosi, mi raccomando, non fatevi dire :” Nu tè imparàu mancu u tabarchin”, “non hai imparato il tabarchino”, perché è un modo usato scherzosamente per dire che non ti sei voluto integrare!
Carlo
on2 maggio 2020 at 14:33 says:
La Sardegna (Cerdeña in spagnolo), Sardìgna o Sardìnnia in sardo, Sardhigna in sassarese, Saldigna in gallurese, Sardenya in algherese, Sardegna in tabarchino,…… Tutto questo per me è incredibilmente meraviglioso!!!!!!
Agostino
on3 maggio 2020 at 11:13 says:
L’isola di San Pietro (in tabarchino Uiza de San Pé) !!!!
Giancarlo
on3 maggio 2020 at 19:31 says:
…..invece San Antiòcco in tabarchino
Livia
on3 maggio 2020 at 12:20 says:
A Sestri levante ho provato la cucina tabarchina. Una cucina e una storia interessante e bellissima !!!!!
Enzo
on8 maggio 2020 at 17:21 says:
Da anni vado a Carloforte in vacanza, ormai mi sento anch’io un tabarchino. Tra le parole che più mi piacciono c’è “anemmu”…. il modo più semplice per dire andiamo!!!
Denise
on16 febbraio 2021 at 18:44 says:
E’meravigliosa! 💓
Roberto
on9 aprile 2021 at 15:06 says:
Originalità del nostro sud-ovest!
Norma Cabras
on17 gennaio 2024 at 08:34 says:
Vorrei precisare che il tabarchino viene parlato solo a Calasetta e Carloforte, gli abitanti di sant Antioco parlano il sardo e quando vanno a Calasetta non capiscono un cavolo di ciò che dicono i Calasettani.Gli unico sardi che non parlano il sardo😂
Anna Bettoli
on30 gennaio 2024 at 17:07 says:
Grazie Norma, molto interessante!